Per il Mef i Professionisti iscritti alle Casse sono figli di un Dio minore

LETTERA APERTA AI GRUPPI PARLAMENTARI DI CAMERA E SENATO

Per il Mef i Professionisti iscritti alle Casse sono figli di un Dio minore.

Il Mef boccia le correzioni per l’ inclusione dei professionisti iscritti alle Casse di previdenza al contributo a fondo perduto, previsto dal decreto rilancio, a causa dei costi troppo elevati.

Nulla sono valsi gli emendamenti presentati per correggere l’esclusione dei professionisti iscritti alle Casse di previdenza private dal contributo a fondo perduto, su cui in molti hanno sollevato dubbi di incostituzionalità, sono stati bocciati dal ministero dell’Economia, che ha espresso parere negativo per il costo troppo elevato dell’operazione.

Anche i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate di sabato scorso con la circolare n°15/2020, in merito al “perimetro soggettivo” di chi può beneficiare del contributo a fondo perduto, di cui all’art. 25 del DL34/2020 (decreto Rilancio), è il caso di parlare più di equivoco all’esclusione dei liberi professionisti, ma di deliberata volontà, anche se, solo pochi giorni fa la sottosegretaria al lavoro, Francesca Puglisi aveva auspicato che l’esclusione dei professionisti da questa misura di sostegno potesse essere corretta dal Parlamento in sede di conversione del decreto in legge, un auspicio accolto da onorevoli appartenenti ad alcuni gruppi politici anche di Governo.

Per il Mef la platea è troppo estesa e il provvedimento avrebbe un costo elevato per il Governo.

Non c’è più solo l’evidente incongruenza di un contributo a fondo perduto, che la norma riconosce alle persone fisiche con partita IVA individuale, che svolgono attività economica nel settore dell’artigianato, del commercio, dei servizi e mille altri ancora, ma esclude rigorosamente le persone fisiche con partita IVA individuale che svolgono attività economica nelle libere professioni ordinistiche.

C’è adesso anche la conferma ufficiale che, se quella stessa attività professionale viene svolta nella forma di “società tra professionisti”, invece che in forma individuale, il contributo a fondo perduto allora spetta.

L’Agenzia delle Entrate, però, riesce nell’acrobazia interpretativa ad affermare che il riferimento ai lavoratori dipendenti è solo una “norma di chiusura” e che un “lavoratore dipendente” che è anche un esercente “attività d’impresa” o di lavoro autonomo può accedere al contributo fondo perduto.

Alla discriminazione orizzontale tra le persone fisiche, in funzione della tipologia di attività economica svolta dal lavoratore autonomo, si assomma la discriminazione verticale all’interno della medesima attività economica.

Ma quanto vale, invece, la sopravvivenza di una parte attiva e importante di questo Paese?

L’ultradecennale grave crisi ha comportato una contrazione del mercato talmente rilevante, da aver prodotto la chiusura di un elevato numero di studi professionali, con relativa perdita di saperi, esperienze e posti di lavoro (perdute 120.000 imprese e 600.000 posti di lavoro).

La deregolamentazione selvaggia del mercato del lavoro delle professioni tecniche, giustificata dal mito della concorrenza senza regole, ha generato la perdita di ogni dignitoso e coerente rapporto tra il compenso professionale e la responsabilità e l’importanza delle prestazioni svolte, sul piano della sicurezza e del benessere e della vita dei cittadini italiani.

L’alterno atteggiamento degli indirizzi politici verso il settore libero professionale ha fatto si che ad una legge volta a favorire l’aggregazione professionale, finalizzata alla maggiore capacità organizzativa, sia seguito un “regime fiscale agevolato” non applicabile alle strutture professionali associate, creando discriminazioni tra i singoli professionisti e quelli associati, alterando le regole basilari del libero mercato, e che di fatto, suggerisce il ricorso alla disaggregazione delle strutture degli studi professionali, al fine di contenere l’entità della pressione fiscale.

La Pandemia COVID-19 ha ulteriormente e pesantemente aggravato la crisi sofferta dai liberi professionisti dell’Area Tecnica, per effetto delle misure restrittive resesi necessarie per limitare la diffusione del virus, la larga maggioranza degli studi professionali è stata costretta alla chiusura pressoché totale, in quanto le attività professionali sono costituite prevalentemente da relazioni interpersonali dirette (incontri, appuntamenti, sopralluoghi, visite etc.) che non possono essere gestite soltanto in smart working.

I professionisti ordinistici, già esclusi dal contributo per la sanificazione, ora anche dal contributo a fondo perduto previsto nel decreto rilancio, non sono in grado di sopravvivere in un regime di disparità di trattamento dalle altre attività economiche ed alle conseguenze del fermo forzato dell’attività, in piena crisi economica, per le professioni tecniche i tempi della ripresa si prospettano molto lunghi.

Disparità che sono in contrasto con i dettati Costituzionali e con le raccomandazioni dell’Europa.

La crisi sta colpendo molto duramente i professionisti, con queste disparità di trattamento, molti studi professionali, in particolare quelli individuali, non potranno sopravvivere e rimanere nel mercato se non si faranno immediatamente interventi mirati.

Per questo mi appello a tutti i Parlamentari, affinché, con il Proprio Ruolo nelle Sedi Istituzionali, possano adoperarsi per eliminare queste ingiustificate disparità di trattamento.

Roma, 17 giugno 2020

Il Presidente Nazionale

Amos Giardino

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